Massimo Caporali ha rilevato l'impresa di marmellate dopo il fallimento.
Il suo lavoro è uguale ai sogni dei bambini.
Chi vuol fare l'astronauta,chi la ballerina e chi vuole vivere in un mondo tutto di dolci.
Lui, Massimo Caporali, c'è riuscito.
Ha raccolto dalle ceneri di una procedura fallimentare la Fratelli Chiaverini, il paradiso della marmellata in cui era entrato nel 1972, ne è diventato il proprietario nel Natale del 2010.
Adesso sorride felice dall'alto di un fatturato da due milioni di euro all'anno per un milione di barattoli sfornati dalla sede di via Locatelli a Firenze.
"Ma a gennaio sposteremo la produzione, compresa una nuova marmellata senza zucchero, nel nuovo stabilimento. E' un investimento da mezzo milione di euro".
Caporali si muove con entusiasmo in un mondo di zucchero e frutta dopo essere risalito dal baratro in cui erano finiti il nome e il prestigio di un'azienda nata nel '28.
"Siamo stati mesi senza prendere lo stipendio, poi per fortuna è arrivato lui..." sorride uno degli 11 dipendenti indicando Caporali mentre gira una pala in un pentolone pieno di more.
"Sono di rovo, selvatiche, vere", le coccola con lo sguardo Caporali.
Consapevole che la forza della Chiaverini è proprio qui: il procedimento di cottura delle marmellate è lo stesso dal 1928.
Niente computer, niente tasti da pigiare. Braccia e cuore.
E' l'orgoglio di essere stato l'anima della resurrezione di un'azienda storica strappata all'inglobamento di qualche multinazionale grazie al coraggio di un rappresentante che si è fatto imprenditore.
"Sono entrato qui nel '72 - racconta Caporali - e sono sempre stato un rappresentante. Nel 2000 la famiglia che dato il nome all'azienda vendette ad altri imprenditori che non sapevano molto di marmellate. Andò male".
Male vuol dire circa 4 milioni di euro di buco e presentazione di un'istanza fallimentare nel maggio 2008.
E qui c'è la svolta.
"Mi chiamarono i commercialisti. Nel 2004 ci avevo messo soldi miei e per quattro anni non avevo più ricevuto i soldi delle provvigioni. Nessuno veniva più pagato. Trovammo un accordo: mi affittarono l'azienda per cinquemila euro al mese".
Ma per risalire bisogna toccare il fondo: "Alla fine la Chiaverini fallì, era l'ottobre 2009.
E io continuai a versare i miei cinquemila euro al mese al curatore fallimentare perchè il contratto d'affitto durava tre anni. Altri cercarono di mettere le mani sull'azienda ma io riuscii a trovare l'accordo col curatore e il 23 dicembre 2010 mi fu assegnato il marchio".
La ripresa era già cominciata.
"I primi 6 mesi di affitto d'azienda furono durissimi - ricorda - anche perchè tutti mi aspettavano al varco per darmi fiducia: quindi dovevo pagare tutto e subito ai fornitori.
E aspettare che gli altri pagassero me. Ma sapevo che cosa era quest'azienda, quel che poteva rendere".
La soddisfazione e l'orgoglio: "Sono entrato qui da ragazzino, poi rappresentante, ho vissuto la sofferenza e ora l'azienda va bene. Tutto questo mi ripaga al di là dei risultati che, alla fine, erano scontati".
Nuova sede e marmellate sugli scaffali dei supermercati di tutta Italia: la Chiaverini diventa sempre più grande?
"Alt, la nostra fortuna è quella di restare piccini. Ogni tanto qualcuno mi chiama per parlare di marketing e io rispondo che non mi serve: il mio magazzino èè vuoto perchè vendo tutto. Così mi dicono che potrei vendere di più, ma non mi interessa. Ai nostri clienti andiamo bene così".
Piccolo, dolce, bello.
Fonte notizie: La Nazione, mercoledì 12 ottobre 2011
Il suo lavoro è uguale ai sogni dei bambini.
Chi vuol fare l'astronauta,chi la ballerina e chi vuole vivere in un mondo tutto di dolci.
Lui, Massimo Caporali, c'è riuscito.
Ha raccolto dalle ceneri di una procedura fallimentare la Fratelli Chiaverini, il paradiso della marmellata in cui era entrato nel 1972, ne è diventato il proprietario nel Natale del 2010.
Adesso sorride felice dall'alto di un fatturato da due milioni di euro all'anno per un milione di barattoli sfornati dalla sede di via Locatelli a Firenze.
"Ma a gennaio sposteremo la produzione, compresa una nuova marmellata senza zucchero, nel nuovo stabilimento. E' un investimento da mezzo milione di euro".
Caporali si muove con entusiasmo in un mondo di zucchero e frutta dopo essere risalito dal baratro in cui erano finiti il nome e il prestigio di un'azienda nata nel '28.
"Siamo stati mesi senza prendere lo stipendio, poi per fortuna è arrivato lui..." sorride uno degli 11 dipendenti indicando Caporali mentre gira una pala in un pentolone pieno di more.
"Sono di rovo, selvatiche, vere", le coccola con lo sguardo Caporali.
Consapevole che la forza della Chiaverini è proprio qui: il procedimento di cottura delle marmellate è lo stesso dal 1928.
Niente computer, niente tasti da pigiare. Braccia e cuore.
E' l'orgoglio di essere stato l'anima della resurrezione di un'azienda storica strappata all'inglobamento di qualche multinazionale grazie al coraggio di un rappresentante che si è fatto imprenditore.
"Sono entrato qui nel '72 - racconta Caporali - e sono sempre stato un rappresentante. Nel 2000 la famiglia che dato il nome all'azienda vendette ad altri imprenditori che non sapevano molto di marmellate. Andò male".
Male vuol dire circa 4 milioni di euro di buco e presentazione di un'istanza fallimentare nel maggio 2008.
E qui c'è la svolta.
"Mi chiamarono i commercialisti. Nel 2004 ci avevo messo soldi miei e per quattro anni non avevo più ricevuto i soldi delle provvigioni. Nessuno veniva più pagato. Trovammo un accordo: mi affittarono l'azienda per cinquemila euro al mese".
Ma per risalire bisogna toccare il fondo: "Alla fine la Chiaverini fallì, era l'ottobre 2009.
E io continuai a versare i miei cinquemila euro al mese al curatore fallimentare perchè il contratto d'affitto durava tre anni. Altri cercarono di mettere le mani sull'azienda ma io riuscii a trovare l'accordo col curatore e il 23 dicembre 2010 mi fu assegnato il marchio".
La ripresa era già cominciata.
"I primi 6 mesi di affitto d'azienda furono durissimi - ricorda - anche perchè tutti mi aspettavano al varco per darmi fiducia: quindi dovevo pagare tutto e subito ai fornitori.
E aspettare che gli altri pagassero me. Ma sapevo che cosa era quest'azienda, quel che poteva rendere".
La soddisfazione e l'orgoglio: "Sono entrato qui da ragazzino, poi rappresentante, ho vissuto la sofferenza e ora l'azienda va bene. Tutto questo mi ripaga al di là dei risultati che, alla fine, erano scontati".
Nuova sede e marmellate sugli scaffali dei supermercati di tutta Italia: la Chiaverini diventa sempre più grande?
"Alt, la nostra fortuna è quella di restare piccini. Ogni tanto qualcuno mi chiama per parlare di marketing e io rispondo che non mi serve: il mio magazzino èè vuoto perchè vendo tutto. Così mi dicono che potrei vendere di più, ma non mi interessa. Ai nostri clienti andiamo bene così".
Piccolo, dolce, bello.
Fonte notizie: La Nazione, mercoledì 12 ottobre 2011
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